Il digitale e ambiente: un rapporto difficile ma imprescindibile

digitale e ambiente

L’intelligenza artificiale, la robotica, i big data e le altre tecnologie della quarta rivoluzione industriale stanno aprendo scenari inediti per la soluzione di problemi come il cambiamento climatico, la scarsità di risorse energetiche, lo sviluppo urbano, la crescita industriale e la  gestione dei rifiuti. Se il desiderio di sviluppo sostenibile era già forte prima della pandemia, oggi lo è ancor di più: un cambio di paradigma generalizzato che si esprime sia attraverso scelte di acquisto che preferiscono beni e servizi a ridotto impatto ambientale, sia attraverso richieste rivolte al mondo della politica e delle istituzioni. Un recente sondaggio del World Economic Forum con Ipsos ha rivelato che su oltre 21mila adulti, circa l’86% desidera che il mondo diventi più giusto e sostenibile, non un ritorno alla situazione pre-Covid, ma un salto di qualità rispetto al passato.

Ma un salto di questo tipo, non può non passare attraverso digitale. Occorre operare uno sforzo di consapevolezza sulle dinamiche tra sviluppo digitale e sviluppo sostenibile: il primo è strumento essenziale per il secondo, ma al tempo stesso le infrastrutture digitali hanno un impatto in termini di inquinamento ambientale. 

 

L’industria IT rappresenta il 3% delle emissioni mondiali di CO2: se fosse una nazione, sarebbe il terzo maggior consumatore di elettricità al mondo. Inoltre, i dispositivi tecnologici richiedono materiali rari e metalli che depauperano le risorse e creano problemi di smaltimento e sicurezza del lavoro. Il problema dello smaltimento delle batterie elettriche nelle automobili di ultima generazione è un esempio di come il rapporto fra tecnologia e ambiente sia complesso. Come anche la maggiore domanda di risorse per la fabbricazione del materiale hardware, in particolare alle materie prime critiche che l’Europa importa per la maggior parte. Per non parlare dei rifiuti elettronici, i cosiddetti RAEE, oggi riciclati ancora in minima percentuale. 

 

Al tempo stesso, l’innovazione digitale in costante accelerazione, fornisce oggi un contributo essenziale alla costruzione di un futuro sostenibile: in quest’ottica un sistema di economia circolare è indispensabile. Qui sta tutta la sfida dei prossimi tempi, perché nuova tecnologia non vuol dire sempre e necessariamente meno inquinamento. Per questo il Parlamento europeo in una recente risoluzione del 25 novembre, ha chiesto l’istituzione del “diritto alla riparazione”, indicando una serie di misure che riguardano il consumo di beni e servizi digitali, richiamando diversi studi sui cittadini europei che testimoniamo una preferenza netta, ad esempio, per il possesso di dispositivi durevoli e riparabili.

 

D’altro canto, l’idea che lo sviluppo sostenibile non sia più un ostacolo a quello socio – economico ma soltanto una delle tre direttrici di sviluppo insieme a quella sociale ed economica, visti come tre aspetti interconnessi, sembra essere ormai sdoganata nelle imprese. Così come la consapevolezza che l’impegno delle aziende verso la sostenibilità ha un ritorno economico.

 

Uno studio presentato a Davos 2020 ha misurato che le aziende che hanno bilanciato nella loro strategia sviluppo, equità e sostenibilità ambientale, hanno ottenuto risultati migliori dei competitor nello stesso settore. Pertanto è evidente che così come si parla di sostenibilità ambientale, sostenibilità economica e sostenibilità sociale è – e sarà – sempre più importante iniziare a ragionare, appunto, anche in termini di sostenibilità digitale. 

 

Ma queste scelte cosa riguardano?

 

Tutto ciò che concerne il sistema digitale e gli impatti del suo modello di sviluppo. Per quel che riguarda i nostri interessi, in tema di rifiuti le tecnologie digitali si stanno progressivamente facendo spazio nel campo della loro gestione. Si tratta di applicazioni per ora limitate, molte delle quali in fase di test. 

 

Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), la trasformazione in atto avrà un impatto significativo sulla sostenibilità del comparto, le dinamiche di lavoro e la transizione circolare. Il tema è approfondito nell’ultimo briefing dell’Agenzia: il documento fornisce una panoramica dei vantaggi legati all’utilizzo delle tecnologie digitali lungo tutta la filiera, dalla raccolta differenziata al processo finale di riciclo.

Le tecnologie digitali che avranno un impatto importante sull’efficienza del settore rifiuti saranno la robotica, l’Internet delle cose, il cloud computing, l’intelligenza artificiale e l’analisi dei dati. A livello logistico, ad esempio, i nuovi strumenti tecnologici offrono la possibilità di migliorare vari processi: archiviazione, elaborazione, analisi e ottimizzazione delle informazioni. E ogni dato, compresi quelli sullo stato d’avanzamento dell’attività o su eventuali incidenti, può essere monitorato in tempo reale. Modalità che aiuterebbero le aziende di tutta la filiera: produttori di rifiuti, gestori e trasportatori.

 

Lo vediamo oggi con i primi sensori applicati all’interno dei bidoni per monitorare i livelli di riempimento e dialogare con i veicoli di raccolta semi-autonomi. Così come nel processo di documentazione, comunicazione e fatturazione. Qui, il passaggio dai sistemi cartacei a quelli digitali, come si è visto in altri settori, aumenterà ulteriormente l’efficienza dei processi e il flusso di informazioni. 

Le tecnologie coinvolte includono etichette di identità digitali per cestini e contenitori della spazzatura, elaborazione degli ordini, fatturazione e pagamento digitali, assieme a interfacce utente per la comunicazione con i consumatori. Il messaggio è chiaro: il business del futuro si farà coniugando innovazione tecnologica, sostenibilità, responsabilità sociale e inclusione. E non è un futuro lontano.

 

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