Monopattini elettrici. Soluzione green o nuova sfida ambientale?

Monopattini - Eurocorporation

I monopattini elettrici sono al centro delle nostre piazze, della polemica, della politica e della moda del momento: c'è chi li critica, chi non può più farne a meno e chi, invece, chiede a gran voce qualche regola stradale in più. Eppure il vero vulnus della questione potrebbe essere quello ambientale. In generale, il settore della mobilità elettrica sta vivendo un vero e proprio boom, dovuto alle scelte (sempre più green) dei consumatori e agli incentivi statali.

Non è un caso se anche la mobilità elettrica di piccola taglia, ovvero quello che comprende monopattini elettrici, e-bike, e-scooter, hoverboard e segway, è sempre più diffusa nelle città: permette spostamenti rapidi e semplici, il tutto senza emissioni di gas inquinanti. Si tratta di mezzi a emissioni zero, dal momento che, per funzionare, non necessitano di carburante e dunque non producono inquinamento diretto, come farebbe invece un motore endotermico. Tuttavia, la micro-mobilità è alimentata da corrente elettrica o da batterie. Da un lato, quindi, resta l'inquinamento derivante dalle modalità con cui produciamo elettricità, dall'altro quello dei mezzi elettrici difettati o giunti a fine utilizzo, che si trasformano in rifiuti da trattare.

Ma quanto dura la “vita” di un monopattino elettrico? La risposta è appena una stagione: sembra che la durata tipica vada dai 12-24 mesi al massimo. E ciò che resta (nickel, cobalto, rame, delle batterie elettriche), è una bomba ecologica che molte regioni d’Italia non sanno ancora come smaltire a dovere.

Uno studio pubblicato su Environmental Research Letters, ha focalizzato la sua attenzione proprio sulla sostenibilità legata al ciclo di vita di questi mezzi. La tesi dei ricercatori dell’Università della Carolina del Nord, parte dal presupposto che l’impatto sull’ambiente dipenda da più fattori: da come e dove il mezzo di trasporto viene prodotto e con quali materiali, dalla sua longevità media e persino da quali mezzi andrà a sostituire. Non solo quindi le emissioni del mezzo in sé, ma anche quelle conseguenti alla produzione, al trasporto, alla ricarica delle batterie, alla raccolta e allo smaltimento dei monopattini. Le emissioni legate alla produzione di questi mezzi, stando alla ricerca, sarebbero elevate proprio a causa dei materiali usati per creare i monopattini, i quali presentano un gran numero di componenti plastici e il litio delle batterie ricaricabili. Quest'ultimo  è infiammabile e comporta una media di 9 tonnellate di CO2 per ogni tonnellata di carbonato di litio raffinato (Lce). Inoltre, veicoli e componentistica sono per lo più realizzati in Cina e questo aumenta l'inquinamento da distribuzione.

A fine utilizzo i monopattini devono essere portati in un centro di elettronica, oppure in una piazzola ecologica, così da poter riciclare fino al 93% dei suoi materiali. Ciò che tuttavia preoccupa è che molti importatori non sono ancora negli elenchi del registro nazionale RAEE, i quali obbligano le aziende a finanziare raccolta e smaltimento. Da un lato la mappatura dei produttori non è completa, dall'altro produzione e utilizzo di questi mezzi sono in aumento. Di conseguenza vi sarà un numero inferiore di aziende coinvolte e un numero sempre più alto di mezzi da smaltire: un bel problema pratico per sindaci e aziende del riciclo. 

Al contempo, l'aumento di produzione di questi mezzi fa impennare anche la domanda di litio per le batterie. Alle attuali condizioni di estrazione, produzione, trasporto e fabbricazione, tale aumento di richiesta di litio potrebbe far triplicare entro il 2025 le emissioni di CO2 e farle crescere di 6 volte entro il 2030. Questo è quanto emerge da uno studio realizzato da Roskill, il colosso dell’analisi e della valutazione del mercato dei minerali. 

Molte sono le domande che nascono di conseguenza e che potrebbero essere poste alle aziende della micro-mobilità, a cominciare dai materiali (sono eco-compatibili o abbondano di plastiche e alluminio, nickel e cobalto?), passando per la logistica (come vengono gestiti e posizionati i mezzi?) e finendo con la ricarica delle batterie al litio (da fonti rinnovabili?). Ed è proprio per far fronte a questi dubbi e alle problematiche cittadine in corso, che l'amministrazione parigina ha preteso dai fornitori di servizi in sharing, di adottare politiche più sostenibili: ricarica batterie da fonti rinnovabili, gestione e spostamento della flotta a bordo di van elettrici e un utilizzo più longevo di questi mezzi. Una richiesta lecita che potrebbe estendersi a molti altri comuni (tra cui quelli nostrani), dato che si stima che il mercato della piccola mobilità elettrica genererà a breve un giro d’affari da circa 30 miliardi di dollari (fonte Boston Consulting Group). I dati dello studio si riferiscono solo allo sharing e non tengono conto dei mezzi green privati, degli hoover, segway e bici. Ma la domanda più pressante resta la seguente: siamo pronti a raccogliere (anche) questa sfida e riciclare tale ondata di mezzi elettrici?

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